Separazione e divorzio: anche il Tribunale di Monza aderisce al modello di collocamento paritario de

Separazione e divorzio: anche il Tribunale di Monza aderisce al modello di collocamento paritario de

Con una importante e innovativa pronuncia, il Tribunale di Monza, in persona del Presidente della IV Sezione Civile, Dott. Claudio Miele, ha recepito le Linee Guida del C.N.F. e l’orientamento giurisprudenziale che favorisce la collocazione paritaria della prole presso entrambi i coniugi in sede di separazione giudiziale

 

1. Inquadramento Giuridico della fattispecie

In materia di separazione personale dei genitori o scioglimento di matrimonio e di collocamento dei figli minori, già a partire dal 2006 veniva introdotto dalla Legge n. 54 il principio dell’affidamento condiviso quale regola generalmente applicabile, rimanendo invece l’affido esclusivo ad un solo genitore un’ipotesi limitata al caso il cui il giudice “ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore” (art. 337-quater c.c.).

Il D.lgs. n. 154/2013, con l’introduzione dell’art. 337-ter c.c., ha successivamente precisato il diritto del figlio minore “di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori” e “di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi”, sancendo in questo modo un vero e proprio diritto del minore alla “bi-genitorialità”. Ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, il giudice, per realizzare tale finalità, “adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori”.

Tuttavia, a distanza di anni dall’introduzione dell’affidamento condiviso quale regola generale, si è potuto registrare che tale principio venga nella prassi in realtà spesso disatteso (o comunque soltanto formalmente applicato) dai provvedimenti dei Tribunali in materia di custodia dei figli nell’ambito di separazioni, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento e nullità dei matrimoni, ovvero nei procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio.

Dette pronunce giudiziali infatti, pur applicando l’affidamento condiviso (nelle ipotesi in cui ciò sia interesse del minore), dispongono nella quasi totalità dei casi il collocamento prevalente, per effetto del quale la prole risiede in prevalenza presso il domicilio del genitore considerato più idoneo (generalmente la madre).

Questa forma di collocamento viene valutata dalla prevalente giurisprudenza di merito come la più conforme alle esigenze dei figli, poiché, secondo detto orientamento, continui cambiamenti di abitazione e di luoghi frequentati potrebbero destabilizzare il minore. Anche la Corte di Cassazione, nel febbraio 2017 con l’ordinanza n. 4060/17, ha confermato il favore con cui il nostro ordinamento guarda il modello di collocamento prevalente rispetto a quello paritario.

Tuttavia, ciò potrebbe comportare (e spesso, nei casi concreti, comporta) un’elusione di fatto del predetti principi di affidamento condiviso e bi-genitorialità.

A fronte di tale divaricazione tra normativa e prassi, il Tribunale di Brindisi, su iniziativa del Presidente della sezione famiglia Dott.ssa Fausta Palazzo, ha stilato e pubblicato in data 30.03.2017 le linee guida sulla gestione di figli minori di coppie separate, proponendo una lettura della disciplina orientata verso un collocamento definibile come “paritario”, caratterizzato da un coinvolgimento quotidiano di entrambi i genitori nella crescita e nell’educazione dei minori e che mira di fatto a sopprime la figura del genitore “collocatorio”.

La forma di collocamento paritario era già stata introdotta in ambito internazionale con la risoluzione n. 2079/2015 del Consiglio d’Europa, firmata anche dall’Italia, la quale promuoveva la c.d. shared residence definita come “quella forma di affidamento in cui i figli dopo la separazione della coppia genitoriale trascorrono tempi più o meno uguali presso il padre e la madre”[1].

L’orientamento sostenuto dalle linee guida del Tribunale di Brindisi si manifesta, infatti, in linea “non solo con buona parte della dottrina, ma anche con le indicazioni che giungono dall’Unione Europea, dalle Convenzioni alle quali l’Italia ha aderito, dalle risultanze di accreditati studi scientifici come pure, in tempi più recenti, dalle valutazioni di enti paralleli al sistema giudiziario, nonché interni ad esso”[2].

Nel testo del documento vengono affrontati i principali aspetti operativi da seguire, una sorta di “istruzioni d’uso” utile ai genitori al fine della definizione consensuale dell’affidamento condiviso dei figli, nell’ambito sia di una procedura di separazione consensuale, sia di una negoziazione assistita.

I punti essenziali possono essere così riassunti:

-      La residenza dei figli ha una valenza “puramente anagrafica”. Il domicilio degli stessi dev’essere invece eletto presso entrambi i genitori;

-      I figli non devono necessariamente trascorrere tempi identici presso entrambi i genitori. Può accadere che per causali esigenze dei minori si registri una frequenza ragionevolmente più assidua della madre o del padre, ma ciò non dev’essere causato da un’imposizione prestabilita;

-      A fronte del venir meno della figura del genitore “collocatario”, viene meno anche l’assegnazione della casa familiare, che resta al proprietario;

-      Anche a livello economico i genitori dovranno contribuire in maniera paritaria provvedendo direttamente ai bisogni dei figli, rimanendo invece il mantenimento indiretto tramite assegno un contributo residuale e di natura perequativa, limitato ai casi in cui vi sia una “abissale distanza delle risorse economiche” tale da non rendere possibile la compensazione attribuendo al genitore più abbiente le spese più onerose.

Sotto quest’ultimo punto di vista meramente economico, in particolare in relazione alle modalità di mantenimento, anche il Consiglio Nazionale Forense ha recentemente provveduto ad elaborare delle linee guida destinate ai Presidenti dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati, anche ai fini della stipula di eventuali protocolli con la magistratura a livello territoriale.[3]

In tale documento si rileva che, “con il venir meno del genitore affidatario in via esclusiva e con l’introduzione della natura meramente perequativa dell’assegno di mantenimento” la prassi che individuava nel genitore non collocatario la funzione di mero “finanziatore” appare destinata a tramontare in quanto fortemente contrastante con la disciplina normativa di riferimento, ispirata ai principi di affidamento condiviso, bi-genitorialità e di mantenimento diretto.

Nello prosieguo tuttavia viene sottolineato come tale modello familiare stia faticando ad affermarsi in una società ancora fortemente vincolata ai tradizionali ruoli genitoriali “che assegnano alla madre la prevalenza dei compiti di cura e accudimento”. Per questo motivo, secondo l’orientamento del CNF, l’assegno di mantenimento troverebbe ancora la sua necessità di essere disposto a fronte del diverso tempo impiegato da ciascun genitore nella cura e nella crescita dei minori.

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Tutto ciò premesso, occorre rilevare che ad oggi risultano rare ed isolate le pronunce con cui i Tribunali nazionali hanno applicato o autorizzato il collocamento paritario e del mantenimento diretto dei figli, senza necessaria previsione di corresponsione di assegni periodici (Tribunale di Lecce, sent. n. 2000/17, che per la prima volta ha disposto l’affidamento paritario; Tribunale di Salerno, decreto del 28.06.2017; Tribunale di Trani, ordinanza del 17.07.2017, Tribunale di Roma, decreto n. 25623/2017).


2. Il caso e la pronuncia del Tribunale di Monza


L’ultimo Tribunale ad allinearsi all’orientamento di cui sopra, che è certamente il più coerente con i principi normativi sopra esposti, è stato il Tribunale di Monza in persona del Presidente della IV Sezione Civile, Dott. Claudio Miele, con verbale di udienza del 12. aprile 2018.

Nella vicenda in questione i coniugi, a seguito di negoziazione assistita, avevano concordato e firmato un accordo per la separazione personale che prevedeva:

- l’affidamento congiunto delle figlie minori ad entrambi i genitori;

- il mantenimento della residenza anagrafica delle minori presso la casa coniugale assegnata ad un genitore;

- la collocazione dei minori in misura paritetica presso l’abitazione di ciascun genitore, alternata settimanalmente.

In considerazione delle concrete modalità di affidamento e di collocazione, non veniva prevista alcuna corresponsione di un assegno periodico di mantenimento della prole, limitandosi l’accordo a stabilire che ciascun genitore avrebbe provveduto direttamente al mantenimento in via ordinaria e che le spese straordinarie sarebbero state sostenute da entrambi i genitori nell’egual misura del 50% (con necessità di previo accordo per le spese superiori ad € 150,00).

Detto accordo veniva debitamente trasmesso all’Ufficio del P.M. competente ai fini del necessario rilascio del nulla osta, così come prescritto dalla normativa di riferimento, il D.L. 132/2014.

Tuttavia, a seguito della trasmissione dell’accordo di negoziazione assistita, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza, ha ritenuto che “l’accordo raggiunto in ordine alla collocazione presso entrambi i genitori non risponda all’interesse dei figli” ed ha negato il rilascio del nulla osta, disponendo la trasmissione degli atti al Presidente.

Il Presidente di Sezione provvedeva quindi a convocare i genitori in udienza per valutare se le criticità evidenziate dal P.M. potessero effettivamente essere contrarie all’interesse delle figlie.

In occasione dell’udienza, i genitori hanno precisato che il regime previsto dall’accordo fosse già in atto e che le bambine palesavano una notevole serenità in relazione a tale tipo di collocamento.

All’esito dell’udienza, il Presidente autorizzava l’accordo stesso così come originariamente concordato, ritenendolo pienamente soddisfacente l’interesse dei minori.

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Da quanto sopra esposto appare evidente che una parte dei Tribunali nazionali stia tentando di mettere in discussione regimi apoditticamente ancorati ad una tradizione ormai superata dai fatti, autorizzando accordi certamente più idonei a realizzare principi e modelli familiari che meglio realizzano l’effettiva tutela di tutti gli attori del regime di affidamento dei minori.

Avv. Gioacchino Massimiliano Tavella

 

Dott.ssa Kilda Peretta


[1] Relazione introduttiva n. 13870 alla risoluzione n. 2079/2015 del Consiglio d’Europa, punto 5.5.

[2] TRIBUNALE DI BRINDISI - SEZIONE CIVILE, Linee guida per la sezione famiglia del Tribunale di Brindisi, 30.03.2017.

[3] CNF, Linee guida per la regolamentazione delle modalità di mantenimento dei figli nelle cause di diritto familiare, Roma 29.11.2017